Come negli auspici, ecco pervenuta notizia di un’altra famiglia di donatori che ritengo abbia tutti i requisiti per essere citata nella nostra consueta rubrica dedicata alla sezione di Sassuolo.
Probabilmente il numero di donazioni totali (82 in tutto) non è trascendentale ma pur sempre significativa e accompagna una serie di messaggi che i componenti ci lanciano. Si tratta dunque della famiglia Narducci-Faraone (o Faraone- Narducci se, come a casa mia, comanda la moglie) che andiamo a scoprire.
Cominciamo da Giovanni, o Gianni che dir si voglia, (36 donazioni) il più conosciuto in quanto impiegato presso l’Ufficio postale di Sassuolo. Sappiamo che è nato a Foggia e che all’età di 26 anni, avendo appunto vinto il concorso in Posta, si è trasferito al nord dove ha deciso di rimanere. E ha fatto bene perché qui ha conosciuto Nunziata, Nunzia, (34 Donazioni) trasferita definitivamente da Potenza con i genitori nel 1981 all’età di 12 anni e qui si sono sposati e hanno messo al mondo due figli: Marco (10 donazioni) e Silvia (2). Per l’anagrafe Marco ha 21 anni e studia all’università, mentre Silvia (anche lei universitaria) ne ha 19.
A questo punto qualcuno si chiederà cosa hanno di particolare questi signori che, premetto, conosco solo in quanto soci Avis e che non ho alcuna intenzione di descrivere quali componenti di una famiglia del “Mulino Bianco” dove tutto è perfetto, giusto, alla moda.
Mi limito anzitutto a considerare che per l’Avis avere come donatori una famiglia intera di quattro persone ancora giovani sia una situazione di particolare interesse. Poi, scendendo nei particolari potremmo dire ad esempio che Gianni ora dona dalle 5 alle 6 volte l’anno perché ad ogni donazione prende appuntamento per la volta dopo e ciò facilita il lavoro delle telefoniste e mi spinge ad augurarmi che molti altri ne seguano l’esempio.
Nunzia poi dona soltanto plasma (messaggio per coloro, e sono tanti, che hanno paura della plasmaferesi) e questo l’ha aiutata a superare l’handicap di essere femmina (due sole donazioni all’anno di sangue intero) e a recuperare il tempo perso per sospensione alla nascita dei due figli. I quali figli, come detto 19 e 21 anni, vengono a donare assieme, soluzione molto utile perché i due si fanno da spalla e da incentivo l’un l’altra.
Poi lasciatemi dire: quando donano una “millennial” e un quasi millennial, a parte l’invidia di un povero vecchietto, c’è sempre una soddisfazione enorme pensando che potrebbero continuare per almeno 50 anni.
Questo è quanto. Ad ognuno, se lo desidera e riflettendo con un po’ di attenzione, la ricerca di un’eventuale “morale della favola”.
Se poi conosciamo qualche altro caso simile ditemelo. Volete dire che fra 2000 soci non ci sia niente in questo senso? Io comunque aspetto, augurandomi di poter scrivere ancora per qualche anno.
Stefano Tosi
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