Nel 1990 la prima donazione a Carpi. E oggi con il plasma iperimmune ci aspettano nuove sfide.
«Si tratta di una data veramente storica per la nostra Avis e per Carpi». Con queste parole, esattamente trenta anni fa, il 4 giugno 1990, l’allora direttore sanitario, il dottor Silvano Cabri, inaugurava materialmente il ‘centro di plasmaferesi produttiva dell’Avis, come primo donatore volontario. «Dal 4 giugno al 31 dicembre – concludeva il dottor Cabri nella sua relazione di fine anno – sono state effettuate 415 plasmaferesi».
In trent’anni le donazioni si sono moltiplicate fino alle oltre 3000 dell’anno scorso. E anche nei primi mesi dell’anno il trend è stato in crescita, con almeno 12/15 donazioni tutti i giorni.
«Siamo stati lungimiranti – commenta Fabio Marani, presidente della sezione locale Avis – Questi anni ci hanno dimostrato l’importanza della donazione non solo di sangue ma anche di plasma e la pandemia da Covid lo ha evidenziato ulteriormente.
Festeggiare ora questo trentennale, con numeri così elevati (la provincia di Modena è la prima in Regione per raccolta sia di sangue che plasma) e soprattutto dopo aver toccato con mano l’efficacia della campagna di sensibilizzazione a donare plasma, nell’ottica di una terapia sperimentale ed emergenziale contro il Covid, ci rende orgogliosi e soddisfatti delle scelte fatte nel 1990».
La donazione di plasma è al centro dell’attenzione oggi più che mai in tempi di coronavirus, come spiega il direttore sanitario dottor Massimo Bevini: «Si sta parlando molto di impiego di plasma iperimmune nella terapia di alcuni pazienti affetti da Coronavirus. In molto casi infatti si è dimostrato che il plasma è efficace per gli anticorpi presenti nei soggetti guariti dall’infezione. Il plasma iperimmune è quello dei pazienti che sono guariti dal Covid-19. Si chiama così per via degli anticorpi sviluppati durante il periodo di contagio del virus.
Possono donarlo solo coloro che hanno un alto ‘titolo anticorpale’, cioè un livello elevato di anticorpi specifici utili a debellare il Coronavirus. Naturalmente sono necessari dei percorsi di valutazione di quali sono gli anticorpi efficaci, per isolarli, purificarli e poi somministrare solo quelli in dose controllata e farmacologica. Si valuta che una sacca da 600 ml possa essere usata per due pazienti affetti dal virus».
«Si tratta di valutazioni in corso di affinamento – prosegue il dottor Bevini -. Questo approccio ha dimostrato che il plasma contiene degli elementi che funzionano contro il virus e lo neutralizzano: questo può portate a risultati molto importanti perché in futuro si potrebbero utilizzare anche ‘scorte’ di plasma, conservabile mediante congelamento, e che, lo ripetiamo sempre, è un vero e proprio ‘farmaco’ già molto efficace per il trattamento di determinate patologie”.
«Nel 1990 siamo partiti con due macchinari da aferesi ¬prosegue Anna Arioli, tecnica di laboratorio – che si alternavano un mese a Carpi e un mese a Mirandola, e i prelievi avvenivano cinque giorni alla settimana. Nel giro di due anni è arrivato anche un terzo macchinario e si sono stabilizzate le due sedi a Carpi e a Mirandola Ad oggi sono sei i macchinari».
«La pandemia ha dimostrato la grande generosità dei carpigiani – conclude il presidente Marani -. Benché gli appuntamenti fossero contingentati, le donazioni sono aumentate e alla nostra richiesta telefonica circa la volontà di donare plasma, in questo momento di emergenza, la risposta è stata unanime: sì».
IL FUTURO: Si potranno conservare scorte di sangue da utilizzare come farmaco.
(di Maria Silvia Cabri)
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