Grazie a Leopardi per lo spunto letterario che mi offre per fare il punto sulla attuale fase dell’emergenza e della quarantena che, se pure in parte superata o in avanzata fase di transizione positiva, sappiamo sarà lunga e non priva di pericoli. Ma l’Avis come esce da questo cataclisma sanitario e organizzativo che, se mal gestita, avrebbe potuto mettere a rischio una struttura come la nostra assolutamente indispensabile per la salute pubblica? Beh, direi che se l’è cavata in maniera, a dir poco, egregia non solo dal punto dei numeri (in aumento nonostante tutto) quanto per l’adeguamento alle esigenze sanitarie richieste.
Tutto cambiato allora? Assolutamente sì: sono trascorsi pochi mesi ma sembra di essere entrati in un mondo diverso nel quale i rapporti umani hanno forse subito qualche rallentamento ma dove in materia di sicurezza si sono probabilmente raggiunti limiti molto prossimi all’ottimale.
Seguiamo dunque virtualmente un donatore che si presenta in sede per un prelievo. Nella grandissima maggioranza dei casi, è in possesso di appuntamento che attenua sensibilmente, nel momento dell’attesa del proprio turno, il problema dell’assembramento, è dotato di mascherina (se ne fosse sprovvisto la sede provvede a fornirla) e è stato informato circa le restrizioni cui deve sottoporsi per la sicurezza di tutti.
Anzitutto non si entra più in sede direttamente. Chi arriva dal parcheggio trova all’esterno dei segni per terra che indirizzano verso un primo controllo, una specie di “triage” gestito da personale specializzato, che seleziona chi desidera entrare (temperatura, disinfezione delle mani o guanti) autorizzando all’ingresso solo chi presenta le caratteristiche necessarie.
Dentro sembra di essere in una sala operatoria. L’Antonella ti accoglie da dietro una divisoria in plexiglass (che sua figlia Benedetta ha abbellito con immagini marine), ti prepara i documenti che servono e ti indirizza verso la sala di attesa. Qui i posti a sedere sono più che dimezzati e posizionati a distanza di sicurezza.
Il medico provvede quindi alla solita visita ed avvia verso la sala prelievi dove si è accolti da un operatore pure protetto da un’altra barriera in plexiglass e dove il personale, più di quanto accada a volte nelle strutture pubbliche, è in grado di garantire a sé stesso ed ai donatori la massima sicurezza grazie all’utilizzo di tutti i presidi sanitari richiesti dalle procedure interne.
Terminato il prelievo ci si avvicina al posto di ristoro, ci si ferma a debita distanza dal bancone, si parla con l’addetto, ci si siede al tavolo (uno per tavolo) dove si è serviti e dove, finalmente, si può togliere la mascherina (solo per mangiare e bere) salvo poi rimetterla al termine.
All’uscita, e naturalmente all’entrata (nella zona Antonella per intenderci) un nostro donatore ci ha fornito una colonnina di propria invenzione sulla quale è posizionato un flacone igienizzante, una scatole di guanti ed è inserito un sacchetto per l’eventuale smaltimento dei guanti che qualcuno potrebbe togliere.
Grazie dunque a Emanuele Spallanzani, poco più che trentenne e con già 48 donazioni ed alla sorella Sonia (ex donatrice) per il gentile omaggio.
Mi si consenta una battuta a coloro che rimandano a poi la donazione per paura del Covid 19: venite pure, non c’è differenza da prima ad ora in fatto di sicurezza. A presto.
Stefano Tosi, Avis comunale Sassuolo
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