Salve gente. E’ un piacere riprendere un rapporto normale con voi al termine di questa inattesa quarantena di pochi mesi da tutti percepita come estremamente più lunga e foriera di effetti dirompenti.
Effettivamente molto è cambiato e ne parleremo durante i prossimi incontri. Nella normalità rimane invece, ed è importante, la sostanza del dono che effettuiamo periodicamente e vediamo di capirci rispondendo a questa domanda:
ABBIAMO IDEA DI CHE COSA DONIAMO NOI REALMENTE?
Certamente mi direte che, molto banalmente, si vede che cosa entra nelle sacche al momento della donazione, sia esso di colore rosso o giallo a seconda che si tratti di sangue intero, plasma o piastrine, quindi obietterete che la domanda è quanto meno inutile e priva di fondamento.
Teoricamente è vero. Ma quanti di voi si sono chiesti che cosa è effettivamente per noi il sangue che doniamo spontaneamente e che in fondo mi pare possa essere considerato il farmaco salvavita più naturale e meno costoso che esista?
La risposta è semplice e banale. Noi doniamo ancora in vita, e molte volte nella vita, una parte del nostro corpo a persone di cui non conosciamo il nome, la razza, il colore della pelle e quanto altro concorra ad una differenziazione fra noi, pur appartenenti tutti a quel consesso mondiale che si chiama umanità.
Bel discorso che strapperebbe applausi in qualche talk-show ma che, per qualcuno, potrebbe invece nascondere un pur velato tentativo di mettere l’Avis in testa ad una inesistente graduatoria di merito fra le associazioni.
Credetemi, non mi passa neanche per l’anticamera del cervello di pensare che il nostro lavoro sia più importante di quello che altri volontari meritoriamente svolgono in altri campi: non c’è e non può esserci una scala di valori nel mondo della solidarietà sempre importantissima e degna di attenzione.
Mi permetto di affrontare l’argomento a semplice uso e consumo dei nostri donatori quale riconoscimento ulteriore al sacrificio che compiono, sacrificio valutabile in base al tempo impegnato, alla periodica disponibilità e (importante) per la necessità di adeguare spesso il proprio tenore di vita all’obbligo di rispetto dei parametri che vengono richiesti per la donazione.
E questo in vista della salvaguardia della salute propria e di quella del ricevente.
In sintesi accettatela semplicemente quale banale constatazione di avere, quale donatore, una caratteristica in più che non ci rende migliori ma, dal nostro punto di vista, ci evidenzia. Quindi una volta di più: meditate gente, meditate ……………..
Il grillo parlante
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