Ci avete fatto caso che gli infermieri li chiamiamo sempre per nome? Per tutti sono “la” Valentina, l’Ottavia, la Marta, l’Alessia, Alberto…
Viene naturale, perché per chi dona sono figure familiari, è impensabile non averli accanto in quei momenti così personali e delicati trascorsi sulla poltrona della donazione.
Ma cosa hanno di diverso e di speciale gli infermieri Avis? Lo abbiamo chiesto ad Ilaria Tarabini (stavolta il cognome è d’obbligo), responsabile e coordinatrice della squadra di operatori sanitari che ogni giorno lavorano nelle 50 sedi comunali di Avis.

    • Innanzitutto, Ilaria, quanti siete?

Fra dipendenti, personale in collaborazione, a partita IVA, infermieri in convenzione con il servizio pubblico e anche infermieri volontari, al momento siamo in 65, a cui si affiancano 15 tra Oss, tecnici di ambulatorio e tecnici di cardiologia. In pratica tutte le figure che, insieme ai medici, sono abilitate ad operare in ambulatorio e sala prelievi.

Ilaria Tarabini responsabile infermieri Avis Provinciale

  • Come è organizzato il lavoro?

Ci occupiamo di assegnare tutti i giorni il personale sanitario ai vari punti di raccolta della provincia aperti per donazioni, cercando di ottimizzare le esigenze delle sedi con la disponibilità degli operatori, soprattutto quelli non dipendenti esclusivi Avis. Si lavora sempre su un calendario mensile, in base al quale distribuiamo turni, presenze e spostamenti.

  • Come si diventa infermiere in Avis?

Il primo approccio è un colloquio in cui si confrontano le necessità dell’associazione con le aspettative dell’aspirante infermiere. La fase successiva prevede una formazione teorica con specifici corsi e test di valutazione finale.
Si passa poi alla formazione pratica in sala, seguiti da infermieri tutor. Oltre alla formazione iniziale c’è poi ogni anno la valutazione delle competenze individuali, con eventuali azioni di “recupero” ove non si raggiungano completamente gli obiettivi.
Inoltre organizziamo frequenti corsi di aggiornamento e approfondimento accreditati dagli ordini professionali su varie tematiche legate sempre al nostro mondo.

  • Che cosa distingue un infermiere Avis?

Personalmente non chiedo un’esperienza pregressa, siamo apertissimi a chi affronta il lavoro per la prima volta e ai neolaureati che accogliamo con un grande benvenuto.
Quello che si chiede è soprattutto empatia, interesse verso la nostra associazione, capacità di relazione, che rappresenta il 70% del nostro lavoro.
Perché il nostro è un ambiente particolare: se il paziente va in ospedale perché sta male e ha bisogno di cure, il donatore viene in Avis di sua volontà e in perfetta salute. Siamo noi che in un certo senso abbiamo bisogno di lui.
Per questo va accolto, coccolato e fatto uscire con la voglia di tornare. C’è chi ha necessità di chiacchierare, chi di godersi un’ora di tranquillità, sta a noi capirlo. Molti ci dicono che sorridiamo spesso. In realtà la “formazione al sorriso” non è ancora inserita nei nostri corsi, però ci viene spontaneo.

  • Come avete vissuto l’epidemia da Covid?

E’ stato un periodo difficile, in cui non abbiamo mai smesso di lavorare, per fortuna nostra e dei donatori. Quando eravamo tutti chiusi in casa, abbiamo capito che venire in Avis era anche uno spazio di libertà.
La difficoltà maggiore da affrontare è stato il drastico calo degli operatori. Quelli in convenzione sono stati richiamati prima negli ospedali poi nei centri vaccinali che hanno richiesto un impiego straordinario di personale. Da qui il nostro appello per la ricerca di medici e infermieri in Avis, che comunque continua ad essere ancora valido.
Nello svolgere le nostre attività abbiamo poi dovuto adeguarci ai requisiti imposti dal Centro Nazionale Sangue, con l’introduzione del triage, l’uso dei presidi come il camice e la visiera e tutti quegli accorgimenti che garantissero la massima sicurezza degli ambienti e delle persone. Con tutto ciò siamo riusciti a garantire sempre i turni di raccolta, grazie ad una straordinaria disponibilità dei nostri infermieri che ci sono venuti incontro con turni extra e più ore di lavoro del dovuto.

  • In conclusione, perché consiglieresti di lavorare in Avis ?

Perché è un’ opportunità professionale e un’esperienza lavorativa completamente diversa, che arricchisce molto dal punto di vista sia della relazione che della manualità, in quanto si acquisisce una riconosciuta abilità nell’uso dell’ago e nelle procedure di prelievo. In più si svolge in un ambiente sano, come ci confermano spesso i nostri sanitari che lavorano anche nei reparti ospedalieri: per loro il tempo in Avis è una vera “boccata d’aria”.
Purtroppo è una scelta professionale di cui si parla poco, anche nelle università.
Io stessa nel mio percorso di studi, prima al liceo dove ho conosciuto Avis poi all’università, mi ero fatta l’idea che in questa associazione fossero tutti volontari.
In realtà il personale sanitario in Avis è inquadrato nel Contratto Collettivo Nazionale Sanitario alla pari del personale ospedaliero, e come tale regolarmente retribuito.
Se poi aggiungiamo che tra di noi infermieri e tecnici si è creato anche un bel gruppo che non perde occasione per far festa, ecco che si spiega perché gli infermieri Avis sono così portati al sorriso.