Nell’immagine in alto, guardate il simbolo con la goccia e il cuore che appare sulla scatola di medicinali. Significa che quel farmaco proviene da plasma di donatori volontari, periodici, non remunerati italiani. Il pittogramma è stato introdotto con Decreto del Ministero della Salute del 28 giugno 2016 e può essere applicato solo ai lotti di medicinali derivanti da plasma nazionale e destinati all’utilizzo sul territorio nazionale. E’ un riconoscimento all’atto generoso dei nostri volontari, ma anche un’ulteriore etichetta di garanzia sull’origine e l’intero iter della “materia prima” plasma. Già, ma qual’è questo iter? Se sul viaggio del sangue sappiamo quasi tutto, cosa succede al nostro plasma nel processo di trasformazione in farmaco?

Partiamo allora dal Servizio Trasfusionale, nel nostro caso quello del Policlinico di Modena, dove converge il plasma raccolto nei centri Avis della provincia. Delle quasi 26.000 sacche conferite al Servizio di Medicina Trasfusionale (anno 2024) circa il 5% viene trattenuto ad uso clinico per trasfusioni dirette, il restante viene inviato alle industrie specializzate per la produzione di farmaci. Dal Trasfusionale, dopo essere state sottoposte a validazione biologica e congelamento a -35°, le sacche circa una volta al mese vengono trasportate ai centri di stoccaggio su mezzi anch’essi a temperatura controllata al di sotto dei 20°. Dopo ulteriori controlli sull’integrità del prodotto trasportato, le unità vengono conservate in celle frigorifere fino alla lavorazione.


Una volta giunto alle aziende farmaceutiche, il plasma viene sottoposto ad ulteriori controlli e solo successivamente inserito nel processo produttivo. Le fasi di lavorazione industriale sono quattro:

  1. Frazionamento – E’ la prima fase che prevede una serie di processi chimici e meccanici (centrifugazione, precipitazione, filtrazione, ri-sospensione) necessari a separare dal plasma le proteine, principalmente l’albumina, le immunoglobuline e i fattori della coagulazione;
  2. Purificazione – Le 3 classi di proteine (immunoglobuline, albumina e fattori della coagulazione) vengono in questa fase ulteriormente isolate e purificate attraverso processi come, ad esempio, cromatografia, ultra dia filtrazione, nanofiltrazione, fino alla formulazione del prodotto finale;
  3. Riempimento asettico e confezionamento – È la fase dove viene definita la formulazione finale del prodotto, il filling, e le successive fasi di confezionamento secondario.

Solo alla fine di questi processi e a valle di rigorosissimi controlli, anche da parte delle autorità sanitarie (Agenzia Italiana Farmaci – AIFA), il farmaco è pronto e sicuro per essere distribuito.

In tutto questo lungo percorso (dalla donazione occorrono circa 8-12 mesi per produrre un farmaco), il plasma raccolto e in seguito i farmaci derivati rimangono di proprietà del Servizio Sanitario Nazionale, quindi della Regione.

Il contratto con le Aziende farmaceutiche fornitrici del servizio, stipulato a seguito di apposita gara, si configura infatti come “lavorazione in conto terzi”. L’azienda fornitrice non può utilizzare il plasma, le sue frazioni, i prodotti finiti o la materia residua per scopi diversi da quelli previsti dall’accordo. Una volta superato il controllo di Stato, i medicinali devono essere consegnati alle Regioni proprietarie del plasma e distribuiti alle strutture farmaceutiche ospedaliere o alle farmacie pubbliche per l’assegnazione ai pazienti.

E i pazienti che devono la vita alle terapie plasmaderivate sono migliaia, delle più diverse patologie. Qualche numero: per curare una persona con immunodeficienza primitiva per un anno occorrono 130 donazioni di plasma, per curare una persona con emofilia per un anno occorrono 1.200 donazioni di plasma.

Allora torniamo a quel piccolo simbolo da cui siamo partiti, una goccia e un cuore. E’ un segno semplice per un gesto semplice, senza il quale però il cerchio della cura non si potrebbe chiudere.