“Chi conosce Giovanni?” In risposta a questa domanda immaginate una selva di mani che si alzano dai banchi di scuola. Perché Giovanni di studenti ne conosce davvero tanti, in media 70/80 classi all’anno da più di 6 anni, da quando cioè ha iniziato a portare Avis nelle scuole di ogni ordine e grado. Trentatré anni, infermiere pediatrico, Giovanni Poggi svolge il suo lavoro all’Hospice pediatrico di Bologna, ma quando non è di turno con i suoi piccoli pazienti macina chilometri per Avis da una parte all’altra della provincia, da una scuola all’altra, da ottobre a maggio.
Non è il solo: come lui c’è una squadra composta da 7 medici e infermieri che, insieme ai volontari delle diverse Avis comunali, segue i progetti scuola incontrando dirigenti, insegnanti e allievi, dalle primarie fino all’Università, per promuovere i valori della solidarietà. Lo scorso anno scolastico sono entrati in 350 classi, e da questo ottobre sono di nuovo in “tour” come ambasciatori didattici del dono.
Anche per Giovanni il “colpo di fulmine” per Avis è scattato a scuola, dopo un incontro in classe con la dott.ssa Petrelli. E per il diciottesimo compleanno si è regalato la prima donazione (“un bel modo per saltare un giorno di lezione col permesso dei genitori”…).
Diventato infermiere pediatrico, una specializzazione che non gli consentiva di lavorare in sala prelievi con gli adulti, ha accolto con entusiasmo la proposta di entrare nelle scuole. Da allora è perennemente in missione per conto di Avis.
- Come si racconta il dono ai ragazzi, Giovanni?
A seconda delle fasce scolastiche cambiano i temi e cambia il linguaggio. Alle elementari si parla del sistema del sangue, dell’apparato circolatorio, e si introduce il concetto di dono come gesto di generosità. Alle medie allarghiamo il tema presentando Avis e la sua missione, ma trattiamo anche dei comportamenti, degli stili di vita sani, in terza media delle dipendenze, un tema molto sentito a questa età. Per arrivare alle superiori dove, all’ultimo anno, l’obiettivo è motivare i neo maggiorenni a fare la scelta di donare, toccando la loro sensibilità e il ruolo che stanno per assumere nella società.
- Qual’è il “metodo Giovanni” per entrare in connessione con i ragazzi?
Essere il più interattivo possibile. Io condivido le mie conoscenze, loro condividono le loro perplessità. Non vado per insegnare, ma faccio tante domande e su queste mi muovo, fino a trovare le risposte insieme. Cerco di accorciare le distanze, parlando non con loro, ma come loro. E se scappa qualche parolaccia…pazienza!
- Cosa ti porti a casa dopo la scuola?
Mi porto a casa fin troppo: le mille domande strampalate che riescono a mettermi in difficoltà dai bambini delle elementari, la timidezza e la paura del giudizio, muri da abbattere, dai ragazzi delle medie, il dialogo profondo ed emozionale da quelli delle superiori, la soddisfazione di essere riuscito a dare piccole risposte o aver lasciato domande su cui riflettere. E soprattutto la bella percentuale di diciottenni che ogni anno entrano in Avis per la prima donazione. E’ una carica di curiosità, energia e speranza che mi fa sentire vivo.
- C’è qualche incontro che ricordi?
Sarebbero tanti, ma uno in particolare: un ragazzo di terza media, che aveva tenuto per tutto il tempo un’aria un po’ ombrosa e quasi di sfida, alla fine dell’incontro si è avvicinato dicendo: “Hai le tasche nella felpa?” “Si… perchè?” ho risposto. Allora ha tirato fuori un pacchetto di sigarette e me le ha infilate in tasca: “Queste da oggi non mi servono più”. Quel ragazzo si è fidato. E basterebbe questo per ripagare tutti i chilometri fatti in questi anni.
Ed ora entriamo in classe con Giovanni… nella sua “lezione” potresti trovare questi video:
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