E’ ancora viva in me l’emozione per il caloroso e commovente saluto che l’assemblea di Formigine mi ha rivolto per il mio pensionamento. E’ stato un passaggio molto emozionante e davvero difficile sul versante emotivo anche perché mi ha fatto tornare alla mente alcune considerazioni e alcune tappe che hanno caratterizzato i miei 40 anni in Avis che mi prendo la libertà di richiamare in queste righe.
La prima è la considerazione di quanto sono stato fortunato nella mia vita professionale. Ho potuto fare – per lavoro – quello che molti scelgono di fare come volontariato ritenendo l’impegno avisino come una delle cose più importanti ed appaganti che si possa scegliere.
Non a tutti capita di potere fare coincidere il proprio lavoro con la propria passione. A questo proposito mi è tornato in mente il mio indimenticato ed indimenticabile amico Loris Casagrandi che prendendomi in giro, era solito dirmi “certo che tu nella tua vita hai avuto una bella fortuna (Il termine non era quello ma il significato si…) perché non hai mai lavorato!” e aveva perfettamente ragione.
Se il lavoro è fatica, fatica non ne ho mai fatta ed anzi mi sono spesso divertito. Quando poi mi sono trovato di fronte a problemi impegnativi, il darsi da fare per risolverli ha rappresentato una grande sfida ed uno stimolo per ottenere risultati.
La seconda riguarda i momenti critici che hanno caratterizzato questi anni in Avis che parevano dovere mettere in ginocchio la nostra associazione e di fronte ai quali – credo – siamo riusciti a muoverci in maniera davvero efficace.
Parto dalla fine degli anni 80 quando ci siamo confrontati con la piaga dell’AIDS e quando le trasfusioni erano quasi criminalizzate salvo poi rendersi conto che l’ecatombe dei politrasfusi era dovuta al plasma utilizzato per la produzione dei plasmaderivati che arrivava dalle favelas brasiliane o dai peggiori sobborghi statunitensi e non dai donatori volontari che, anzi, davano le ampie garanzie. Il nostro SIT – grazie al prof. Baldini – fu tra i primi ad introdurre il test sull’HIV su tutte le sacche donate grazie ad una biologa che Avis sovvenzionò con una borsa di studio.
Fu poi la volta dell’introduzione del modulo di accettazione e consenso alla donazione la cui comparsa fece dire a molto che mai i donatori avrebbero sottoscritto qualcosa di simile. Ma i nostri donatori dimostrarono di essere più maturi di quanto molti credevano anche grazie alla sensibilizzazione che tutti i nostri dirigenti e volontari fecero verso i nostri soci.
Siamo poi passati ai terremoti del 2012 quando ci trovammo con 10 punti di raccolta improvvisamente inutilizzabili. Tanto fecero i nostri dirigenti in sede locale per fare sì che si potesse donare quanto prima anche in strutture di fortuna e utilizzando l’autoemoteca prestata dall’Avis di Torino che riuscimmo comunque a garantire il fabbisogno di sangue alla nostra strutture sanitarie senza chiedere una sacca fuori dalla nostra provincia.
Ultimo passaggio veramente critico fu quello dell’accreditamento del 2014 quando si materializzò uno dei detti più diffusi ovvero “chi sa fa; chi non sa insegna”. L’allora responsabile del CRS di Bologna mise in campo una vera e propria offensiva finalizzata a ridurre i punti di raccolta nella convinzione che se il donatore voleva donare poteva farsi anche un po’ di strada per raggiungere un punto di raccolta. Come se fosse il donatore ad avere bisogno di donare e non il servizio trasfusionale ad avere bisogno del suo dono.
Cercò inoltre di avvilire la nostra anima di volontari riducendo Avis ad un gruppo di brave personale che alla fine andavano bene giusto per fare il gnocco fritto mentre le cose serie in sala prelievi le doveva fare la “tecnocrazia” sanitaria scordando, evidentemente, che la nostra organizzava la raccolta da 60 anni e con risultati eccellenti. Si scatenò una vera a propria battaglia nel corso della quale fummo messi alla berlina e tacciati di non capire quando il nostro modello fosse antiquato e poco produttivo. Tenemmo “il punto” con caparbietà e salvammo il nostro modello organizzativo che ha garantito i risultati che oggi sono di fronte a tutti.
Ma perché ho voluto richiamare questi passaggi? Perché sono la dimostrazione pratica ed incontrovertibile della grande forza della nostra associazione che negli anni ha potuto contare su dirigenti capaci e motivati a livello locale e a livello provinciale e su di una unità di intenti e di obiettivi senza pari.
Nell’accreditamento del 2014 la nostra Avis venne definita “La corazzata Modena” immagine che rende davvero l’idea della grande forza che proviene dall’operare in maniera coordinata e tutti assieme. E’ questo è il patrimonio più grande che siamo riusciti a costruire: lavorare senza personalismi e solo nell’interesse generale condividendo obiettivi e strategie, prevedendo ruoli precisi a livello di base e provinciale nel reciproco rispetto e nel continuo e produttivo confronto. E a questo la nostra associazione non dovrà mai rinunciare pena la messa in discussione della sua stessa esistenza.
Sono felice di avere fatto parte di questa “corazzata” per 40 anni durante i quali ho cercato di dare il mio contributo. Qualcuno mi ha ringraziato ma in realtà sono io a dovere ringraziare i dirigenti associativi a tutti i livelli davvero incredibili per il loro impegno e il loro attaccamento all’associazione, i presidenti provinciali dotati di gradi capacità che mi hanno sempre dato grande fiducia, i miei colleghi passati e presenti che mi hanno sempre aiutato nel mio compito, il personale sanitario, pedina fondamentale della nostra attività, i responsabili del Servizio Trasfusionale del Policlinico coi quali ho sempre lavorato in grande armonia. E grazie anche a quelli che mi hanno criticato (sempre in maniera costruttiva) spingendomi a fare ancora meglio il mio lavoro. Dall’Avis ho ottenuto molto di più di quanto ho dato sia sul versante umano che per la mia crescita professionale.
La nostra Avis ha sempre avuto la capacità di andare avanti e progredire al di là delle persone che in essa operavano. Sono certo che il futuro che attende la nostra associazione sarà ancora migliore perché saprà individuare – una volta di più – le persone più adatte per potere fare un ulteriore salto di qualità.
Un abbraccio
Roberto Mantovani
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