Dalla sede di Mirandola la testimonianza di due ragazzi alla prima donazione. “Dateci progetti concreti e noi ci siamo”

I giovani? Sempre più ripiegati sul loro privato, disinteressati ad ogni dimensione pubblica!  All’Avis di Mirandola proprio non ci stanno.

E’ un giudizio quantomeno inesatto, certamente fuori luogo stando ai nostri dati. Registriamo continuità sempre nuove adesioni. In un anno tra i più neri dal secondo dopoguerra, nel pieno di una pandemia senza precedenti, i giovani neodonatori hanno raggiunto quota 119 con una presenza under 20 del 69%.

Sharon e Federico, entrambi diciottenni da pochi giorni, ancora stesi sul lettino per la loro prima donazione, non hanno dubbi: “Non vediamo ripiegamenti particolari. Anzi, c’è voglia di partecipazione sociale; per scendere in campo, però, i giovani hanno bisogno di percorsi e progetti che evidenziano subito la loro “utilità”, la loro concretezza, la loro capacità di affrontare bisogni leggibili ed immediati”.

Per Sharon Lavezzo, studentessa al Liceo artistico di Modena con sogni di psicologa, due più due fa subito quattro: “Avis ha molti di questi tratti di partecipazione ad uso immediato, arricchiti da straordinari valori quali la solidarietà incondizionata, l’impegno civile a favore del prossimo e della collettività”.

Non meno deciso nel difendere i giovani di oggi, Federico Paltrinieri, studente a Galilei di Mirandola, per il quale “aiutare gli altri si fa immediata concretezza nel dono del sangue. Non è che i giovani hanno poca voglia di impegnarsi. Sono sempre più scettici, a volte addirittura scelgono di non scendere in campo quando vengono loro proposti “valori” astrattamente intesi”.

Diciotto anni festeggiati alla grande, arricchiti – è il caso di dire – da una scelta piena di significato, che li proietta a pieno titolo nella maggiore età.

Da dove è partito il vostro primo pensiero Avis?

Per Federico “dalla famiglia piena di esempi avisini; dal papà già in passato donatore agli zii tuttora donatori con quel convincimento, silenzioso e profondo, di fare cosa buona e giusta tanto da sentirsi in colpa quando, per una qualche fondata ragione, sono costretti a saltare la chiamata trimestrale Avis”.

Altro percorso per Sharon. “Il mio avvicinamento ad Avis è datato 2015, scuole medie, al termine di un progetto sul significato del dono del sangue organizzato dalla sezione Avis di Mirandola. Quegli incontri mi hanno fatto capire quanto sia importante il dono del sangue. L’ho sentita, subito, una cosa giusta, quasi un dovere. Nella mia famiglia nessuno è donatore. Devo dire, però, che ho trovato solo tanta adesione e sostegno.”

Adesione e sostegno “certificati” sul campo in primis dalla mamma presente, discreta, con il sorriso orgoglioso negli occhi, dietro la porta della sala attesa.

La visita medica prima, poi , a seguire, la donazione con tanto di sangue intero in sacca. Tutto come previsto: lo sguardo girato al momento del foro, braccio steso ed immobile per una malcelata preoccupazione sulle sorti dell’ago. Pochi minuti e tutto si scioglie in una compiaciuta soddisfazione.

Niente paura, dunque?

“Di che?”, precisa subito Sharon. “Poco più di una iniezione intramuscolare. Devo confessare che ero più preoccupata dell’intervista. Non è facile affrontare temi così pieni di valori immensi a cominciare dallo spirito profondo dell’universalismo della solidarietà”.

“Nessuna paura” anche per Federico che ci tiene a sottolineare “la sicurezza sanitaria e i controlli clinici che precedono e accompagnano la donazione, a cominciare dai presìdi anticovid”.

Nel solo 2020, i medici della sezione, coordinati dal dottor Tito Casoni, hanno assicurato 675 visite con relativi esami ed E.C.G. per altrettanti donatori.

Nella foto in alto: Sharon Lavezzo e Federico Paltrinieri, diciotto anni appena compiuti, neodonatori Avis